La memoria e l’orgoglio

 

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Oggi per noi interisti è un giorno triste. Il 4 settembre 2006 infatti ci lasciava prematuramente Giacinto Facchetti, all’epoca presidente nonché storica e indimenticabile bandiera nerazzurra.

Era la fine di un’estate travagliata per il calcio italiano, nella quale le sentenze relative allo scandalo di “Calciopoli” avevano riscritto la classifica del campionato appena terminato e sconvolto il panorama calcistico della nostra nazione. Ma fu anche l’inizio di una cavalcata memorabile per la nostra Inter che tornò finalmente a laurearsi campione d’Italia sul campo, disputando una stagione da record. Da quel trampolino di lancio avremmo poi spiccato il volo, sino ad arrivare nel giro di 5 anni sul tetto del mondo.

Ad ogni vittoria non è mai mancato un pensiero per  Giacinto, uomo vero e campione indiscusso. Ricordarlo è importante, soprattutto adesso. Ed è importantissimo anche prenderne le difese. Perché è inaccettabile vederlo accostato a certi personaggi di tutt’altra levatura e spessore morale. Giacinto è l’Inter e la rappresenterà per sempre.

Personalmente trovo paradossale che qualcuno chieda rispetto e giustizia quando poi è il primo a delegittimare gli organi giudicanti. Si, perché  nonostante una sentenza emessa dalla giustizia sportiva che stabilisce la revoca di 2 scudetti,  egli si ostina a rivendicare tali vittorie,  includendole addirittura nell’albo d’oro pubblicato sul sito ufficiale della società calcistica che rappresenta. E allora, sapendo con chi abbiamo a che fare, non abbassiamo la guardia, perché la guerra non è finita.

Noi ci saremo, pronti a prendere le parti del Cipe. Perché Giacinto è l’Inter.

Oggi, più che mai, noi siamo Giacinto Facchetti.

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