QUESTIONE DI FEELING

 

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Forse Mourinho l'Italia non se la immaginava proprio così. Così complicata, dico. Così incarognita, stracciamaroni, disonesta. L'Italia del calcio, che poi è lo specchio dell'Italia generale. Forse da fuori ci vedono un po' diversi: pizza, mandolino, mafia, fantasia, passione, i soliti clichè. E invece siamo altro. Facciamo i simpatici e appena giri l'angolo tiè. Per non dire di quando entriamo da dietro alla Totti e facciamo i falli da frustrazione tipici della gente frustrata, o entriamo in tackle scivolando sulla bava che ci è appena caduta dalla bocca.

Mourinho ha fatto il Mourinho anche qui da noi. Il problema - suo, e anche nostro - è che dichiarazione dopo dichiarazione si è accorto che gli era cambiato il panorama attorno, che la gente sorrideva sempre meno, che i suoi petardi diventavano bombe atomiche e che a un certo punto non poteva più recedere dalla sua personalissima sfida contro un modo di pensare che non è il suo e che, accidenti, sarebbe bello non fosse nemmeno il nostro.

Io mi ero portato avanti. Mi ero rassegnato al suo addio già durante lo scorso autunno, quando lui girava con il broncio e i capelli incolti. E nell'header del blog non ho mai rimpiazzato la frase che secondo me più di tutte - e ne ha dette migliaia - lo rappresenta: "Voi italiani non amate il calcio". Ha ragione, e il punto è proprio questo. Non amiamo il calcio, ma il suo contorno. Perdiamo troppo poco tempo a bearci dei gesti e delle prestazioni, perché non vediamo l'ora di tuffarci nelle dietrologie e nelle discussioni da bar, fieri di spararla ogni volta più grossa, attenti a dimostrare le nostre peggiori inclinazioni, scientifici nel prostituirci intellettualmente. L'Italia non ama il calcio, Mourihno ama il calcio, Mourinho non ama l'Italia. Non so se sia socratico, ma il sillogismo è questo.

Mourinho se ne va perché è l'unico modo di poter dire: vaffanculo, ho vinto io. Se ne va all'apice per non doversene andare in fase discendente. Se ne va perché ha compiuto un'impresa alla quale - andandosene lui, appunto - sarà impossibile replicare. Se ne va dando una lezione al popolo che vive di calcio e non lo ama. Se ne va essendo arrivato e avendo vinto (quasi) tutto.

Lo scorso anno ha vinto nel modo più semplice, prendendosi l'onda di Mancini e affidandosi all'annata-monstre di Ibra. Quest'anno no, quest'anno ha vinto davvero. Un campionato terribile, contro tutto e contro tutti, senza aiutini, senza corsie preferenziali. Anzi, dovendo soffrire di quelle altrui, dovendo parare colpi su colpi, parlare e stare zitto. E poi una Coppa Italia che intralciava ma andava giocata e magari anche sudata, con quell'epilogo fortemente simbolico a Roma, nella serata che forse gli è piaciuta di meno perchè proprio lì, tra un calcione e l'altro, tra una puncicata e un negro di merda, si è visto quanto l'Italia ama il calcio, e come, e perchè.

Poi ha riportato l'Inter in finale di Coppa dei Campioni 38 anni dopo, rivoltandola come un guanto sotto il profilo dell'autorevolezza e dei controcoglioni, in un percorso che sembrava fatto apposta per inchiappettare lui e noi: il gironcino più difficile, il Chelsea agli ottavi, il Barça in semifinale (affrontato quattro volte in sei mesi). Se ne va avendo fatto tutto questo e non potendo fare di più. Tranne una cosuccia, ovvio.

Sabato sarà la sua ultima partita e spero che tutti - lui, la società, la squadra -, anche al termine manifesto di un percorso così esaltante e passionale, colgano ancora la differenza che c'è tra il vincerla e il non vincerla. Mourinho se ne andrà comunque da trionfatore (sostanziale e morale, moralissimo). Ma l'epilogo di questa stagione deve essere come gli altri capitoli. Annunciando che se ne sarebbe andato con largo anticipo, Mancini gettò la squadra nello psicodramma per due mesi. Annunciando al mondo che non vede l'ora di lasciare questo Paese del menga, Mourinho deve solo trovare il modo di tenere alta per un paio d'ore ancora la tensione. Dopodichè, vada come vada (sarà una partita di calcio internazionale, non italiana), lo saluteremo come uno dei più grandi mai visti da queste parti. Mi fido di lui e mi fido di loro, lo squadrone che ci ha fatto vivere la primavera più incredibile che potessimo immaginarci. E quindi faccio clic su invio, nella pagina del bonifico ordinario.

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