COMPLICI

 

di settore.myblog.it

Il contrasto tra la settimana di lutto (quant'è bello andare ai funerali con i fumogeni) e il week-end di merda pura è quanto mai suggestivo. Il lutto corale (quant'è bello andare tutti insieme ai funerali, in fondo come fare una trasferta, però non si distruggono i treni) è durato molto poco e siamo tornati al letame ordinario tra partite sospese, cori antisemiti, sfottò e sputi. L'Italia del calcio è questa, quest'ultima intendo. Piangere un ragazzo di 25 anni che muore in campo è una cosa che viene di default, molto più facile - molto più autentica, automatica, molto più ovvia direi - che non mantenere la barra dritta in una domenica normale. E infatti è bastata una settimana, e oplà.

Gli ultrà di Genova non mi dicono niente di nuovo rispetto al passato. In ogni curva, fatta per la gran parte di gente normale, ci sono quei 50-100 facinorosi violenti e squisitamente fascisti che governano i pecoroni e fanno vibrare gli anfibi. No, non c'è nulla di nuovo. E anch'io non ho nulla di nuovo da dire rispetto a un pensiero che mantengo stabile nel tempo, e cioè che le curve le chiuderei. La parte sana delle curve non avrà difficoltà a resettarsi e risistemarsi. E la parte malsana vada a delinquere altrove o, come sarebbe giusto che fosse, a firmare i registri in questura. Sia pure con qualche progresso rispetto al passato, lo stadio continua a essere un ricettacolo di delinquenza vera o latente, che trova sfogo in episodi come quello di Genova: nel sentirsi padroni del gioco, dello stadio, del destino degli altri (i tifosotti). Violenti come i ragazzini che ci prendevano il pallone quando giocavamo al campetto e lo portavano via. Stessa cosa, con bicipiti più grossi e cervelli più deteriorati.

L'errore grave, madornale, insostenibile, schifoso lo hanno fatto piuttosto i giocatori del Genoa. Non è stata paura la loro, è stata connivenza, complicità. E' stata una resa incondizionata a tutto: alla ragione, alla passione, alla dignità. Non si calano le braghe di fronte a 50 avanzi di galera che in favore di telecamere e teleobiettivi (beh, se non emettono 50 Daspo stavolta...) decidono che il gioco è finito e vogliono che ti levi la maglia. La maglia, in questo ridicolo gioco del pallone, è forse una delle poche cose su cui val la pena spendere qualche sentimento vero. La maglia è la maglia. E' la giustificazione stessa, cari cagasotto del Genoa, delle vostre vite, dei vostri contratti, dei vostri lauti stipendi, della gente che vi viene a vedere. Che non sono solo i 50 galeotti a cui ubbidire come schiavetti al guinzaglio da sadomaso, ma è soprattutto gente normale, che ama il rosso e il blu come noi il nero e l'azzurro, e ha amato anche le peggiori ciofeche che hanno indossato quella maglia e quei colori, perchè è così, il calcio è questo, non puncicare il prossimo o spaccare i fanali delle macchine. Il calcio è anche perdere, è anche fare figure di palta, è anche finire in B o in C. Le vostre facce piagnucolose non se le ricorderà più nessuno, ma il Genoa resterà. Resteranno le bandiere rossoblu. Resterà la maglia, quella che vi siete tolti con un gesto che rimarrà nei secolo.

Togliersi la maglia è stato patteggiare - una volta di più - con il marcio del calcio. Non è ancora finito il tempo degli ultras che entrano negli spogliatoi, salgono sui pullman, si dimostrano - vergognosamente - voce in capitolo. Non è finito finchè c'è gente come i genoani di oggi, succubi e impauriti fino a togliersi la maglia - una cosa che dovrebbe essere stapata sulla pelle -, fino a fare quello che gli chiedono 50 facinorosi. Le società dovrebbero una volta per tutte scrollarsi di dosso questa gentaglia. Lo avrebbero dovuto fare, meglio. Da decenni.

Togliersi la maglia perchè te lo chiedono porta indietro di almeno un paio di lustri un faticoso processo. Come già con Italia-Serbia, a Genova è morto un pezzettino di calcio. Una specie di necrosi in un corpo che è vivo e vitale, finchè resiste, finchè resistiamo. Finchè magari un giorno a vedere queste bruttissime partite non andranno che i soliti 50, quelli che se schioccano un dito trovano qualche miliardario che piange e si toglie la maglia. Che vergogna ragazzi, che vergogna.

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