MALDINI

POVERACCI

Noi ci divideremmo su questioni molto più complesse. Ronaldo: il più grande, oppure un infamone? Vieri: un signor centravanti da 123 gol, oppure un coglione? Recoba: un genio del pallone, oppure il più grosso pirla mai arrivato a Milano? Un test sarebbe interessante: calarli a sorpresa in un Meazza strapieno e sentire la reazione degli spalti. Ma questi sono casi estremi e complicati. A uno che avesse fatto 901 partite con la nostra maglia, avendo indossato solo quella in tutta la carriera, noi riserveremmo un trattamento un po' diverso. Poi, per carità, ognuno per la sua strada (penso alla Zio). Ma al momento del congedo, nel Giorno del Ringraziamento, tutti in piedi e groppo in gola.

Oggi a San Siro, sponda Fininvest, è invece andato in scena uno spettacolo davvero triste. Anche perchè i contestatori non erano nè pochi nè isolati, se li devo giudicare dalla lunghezza degli striscioni. Gioca l'ultima partita uno che ha vestito 901 volte la tua maglia, e tu lo mandi affanculo (mezzo striscione benevolo e poi la mazzata nella riga sotto: che stronzi)? Maldini ha pagato oggi pomeriggio la sua colpa, quella di non essersi mai mischiato con gli ultrà, quella di essersi dissociato dal gioco dei ricattucci. Quella, un annetto fa, di avere detto cose che ipocritamente non dice mai nessuno: e cioè che dietro le contestazioni di una curva c'è spesso roba che con il calcio giocato non c'entra una fava, e cioè - cito Maldini - questioni economiche e di potere.

Della serie: come li abbiamo ridotti. I gobbi cacciano l'allenatore a due giornate dalla fine, e i cacciaviti vivono in piena schizofrenia: quando vincono si fanno le seghe e quando perdono si scoprono al circo Medrano, quando le cose vanno bene sono tutti bravibellibuoni e quando le cose vanno male si cancellano anche 901 partite insieme, 24 anni e 5 mesi, un'eternità. Un'eternità, tra l'altro, mica a perdere: di riffa o di raffa, e con grande scuorno nostro, la storia del Milan berlusconiano e maldiniano è fatto di 27 trofei. Quest'uomo lascia il calcio e tu lo mandi a cagare mentre fa il giro di campo. Begli amici.

Peraltro, dove sta la sorpresa? Il delitto di Lesa Curva, purtroppo, è sempre vigente. Le 901 partite in rossonero di Maldini non sono valse come attenuante. Chi tocca la curva muore, e non si fanno sconti. Lo sappiamo anche noi: lo striscione "Juve-Lecce a porte aperte" esposto in curva Nord quattro giorni dopo l'epocale caso-Balotelli aveva già spiegato tutto - ce ne fosse stato bisogno - qualche settimana fa. C'è un concetto, un codice, uno status di curva che è assolutamente trasversale e che regge tutto l'ambaradan. C'è un'autoreferenzialità delle curve che costituisce, più che la loro ragion d'essere, l'unica vera garanzia di esistenza in vita. E così ce le dobbiamo tenere. E così dobbiamo star lì a guardare il processo pubblico di una curva al proprio capitano, nel giorno dell'addio a uno stadio in cui avrà giocato più o meno 450 volte,. Un giocatore esemplare per correttezza, comportamento (anche fuori dallo stadio), vita d'atleta (non fosse stato per le ginocchia, questo avrebbe giocato fino a 45 anni).

Nella mia ingenuità considero che fare la voce grossa sia un segno di debolezza, oltre che di arroganza. Però questi qui - questo genere di curvaioli, quale che sia la loro bandiera - non mollano. Saranno anche deboli, ma duri a morire, durissimi.

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