DEL METTERLA O DEL NON METTERLA
Al bar qualche giorno fa ne ho sentita una bellissima. Praticamente c'era uno che diceva: non vinciamo in casa perché eravamo abituati a giocare su un prato infame e quindi a gettare il cuore oltre l'ostacolo, mentre adesso giochiamo su un biliardo mezzo sintetico e quindi il livello di concentrazione è sceso. Al che io sono andato dal barista e gli ho detto: non so cosa hai dato a quello là, ma voglio la stessa cosa. Quindi oggi ero preparato alla sconfitta. Finché non rizolleremo lo stadio e rimetteremo la merda che c'era prima, basta, non ne vinceremo più una. Non siamo concentrati.
Vabbè, ma a parte queste tesi lisergiche, è difficile parlare di 'sta partita che doveva finire nel primo tempo e invece no, e quindi capita che poi le cose si incasinino oltre i tuoi demeriti - la sottile differenza tra il metterla e il non metterla nel giusto momento - e sul biliardo anche le altre squadre vanno veloci. Il mio amico del bar forse non aveva terminato il suo ragionamento: le squadre ospiti, che fino allo scorso maggio erano abituate a trovare a Milano un prato con le sabbie mobili, adesso trovano il biliardo e, in poche parole,
si trovano bene.
La statistica del rendimento tra casa e trasferta allarga la sua base e diventa più inquietante, ma al 23 di settembre io non credo a niente, neanche ai numeri. Credo che il turnover sia un'esigenza per una squadra rinnovata e che, come la statistica, deve allargare la sua base. Così come credo che, in un certo senso, il turnover-esigenza stia rinviando sine die il momento delle certezze, e noi ne avremmo un gran bisogno di certezze, uh se ne avremmo. In attacco si sta sostanziando uno dei più elementari dubbi della vigilia: se a uno viene il mal di pancia e l'altro - mettiamo il caso - non è in forma, i gol chi li fa? E poi: in casa contro squadre tipo il Siena - ci sono almeno dieci-dodici squadre tipo il Siena il serie A - sembrerebbe naturale schierare più bocche possibili in attacco, ma noi di bocche ne abbiamo poche.
Una sconfitta così a gennaio mi avrebbe gettato nella più cupa costernazione. Ma c'è ancora l'ora legale, c'è ancora una domenica in settembre: sono problemi di crescita, anche un po' di sfiga. Se non passano, ne riparliamo. Ora non suicidiamoci in massa come una setta giapponese né auspichiamo l'arrivo di cinesi, russi o emiri kuwaitiani: non siamo mica il Milan.