COPIONI DI CORI ahahahah

 

riporto la notizia che da
http://www.fcinternews.it/?action=read&idnotizia=20146

in cui si segnala che il quotidiano spagnolo Marca ha proposto, nella sua edizione odierna, uno spartito con il coro della nostra Curva Nord per MOURINHO .

e mi viene solo un commento da fare …

CARO MOURINHO se i tuoi nuovi tifosi non sanno neanche inventarsi un coro per te , beh allora
CI RIMPIANGERAI e di brutto anche.

ahahhahahahaha

tante care cose JOSE’ ……………..

l'opinione di un tifoso

 

ecco un OPINIONE CHE NOI DI TUTTOINTER.com condividiamo al 100%

Ciao a tutti CAMPIONI D'ITALIA CAMPIONI D'EUROPA E CAMPIONI DI TUTTO..;-)...
volevo esprimere il mio pensiero... volevo innanzitutto ringraziare i Ragazzi per le meravigliosa stagione, non solo loro ma anche Mou e tutto lo staff perchè ricordiamoci che hanno vinto tutti e anche noi... e poi volevo dire che dobbiamo smetterla... di rovinarci il fegato nel commentare ogni cosa che esce sui giornali sul mercato... secondo i giornali vanno via tutti,basta dargli retta... noi ora dobbiamo gioire di questa stagione... siamo entrati nella storia... non è mai successo per una squadra italiana e noi pensiamo al mercato???!!!... non ci sto Ragazzi lo fanno a posta e noi gli andiamo dietro... è quello che vogliono loro... già dopo la partita non si parlava più della nostra vittoria... quindi basta!!! godiamoci questi momenti e aspettiamo solo le ufficialità,le vere presentazioni... non voci o articoli inutili di giornale !!!
un saluto a tutti!!!FORZA INTER!!!
Alessio Ricci http://www.facebook.com/alezanetti4

IL RUMORE DEI NEMICI

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IL FALSO PROBLEMA

Il rumore dei nemici. Aveva ragione il Mou sul rumore dei nemici. Me ne accorgo adesso che regna un silenzio di tomba, fantastico, come quando ci si alza presto in campagna e senti solo il cip cip cip e un alito di vento. Ecco: sei in campagna, estate, otto di mattina, ti prendi un bel caffè, il giornale appoggiato sul tavolo, un alito di vento, quell'irresistibile fruscio delle pagine voltate. E' il rumore - chiamiamolo così - che riempie le nostre giornate da domenica. Dal risveglio di domenica, ammesso che quella notte si sia dormito.

L'addio del Mou (e magari l'eventuale addio di qualcun altro) io lo ambiento così. Il vento gira la nostra pagina e intorno c'è una pace totale. Il rumore è diventato un fruscio, al limite avverti un rosicare che ti concilia la pennica, zzzzzzz. Piacevole. Ti senti gli occhi addosso e vedi che qualcuno prova a risfoderare il solito sorrisino assistendo allo spettacolo del tuo allenatore che se ne va un minuto dopo il trionfo. E allora? L'addio del Mou puoi interpretarlo come il padre di tutti i problemi, oppure come un falso problema. Si intuiva da mesi che sarebbe potuta andare così. Se ne va, in effetti, dopo avere vinto tutto in due anni e dopo averci fatto vincere una sequenza di cose che in Italia non era mai riuscita a nessuno nella storia del giuoco calcio, tra cui una Coppa che attendevamo da 45 anni.

Può andare, quindi. Anzi, forse deve. Poniamoci nella sua ottica egotica di ambizioni e orizzonti professionali: la prossima stagione poteva andare solo peggio (a parte la sequela di coppette che ci giocheremo tra agosto e dicembre), e quindi perchè rimanere a farsi frantumare i coglioni un anno ancora in questo paese che non ama il calcio? Non possiamo che ringraziarlo: la nostra storia è piastrellata da mezze figure che sono venute qui, si sono sistemate il conto in banca e non ci hanno risolto una cippa. A lui dobbiamo innalzare un monumento nell'attesa - sgradevole e affascinante - di ritrovarcelo prima o poi sulla nostra strada. Del resto ci ha riportato lui ai piani alti, ci ha reinsegnato a pensare in grande. E' questa l'eredità, tutta mentale, che ci lascia (mentre, non dimentichiamolo, fino a un mese fa mezza Italia era pronta a dichiarare che era un bluff, un ciarlatano, un imbonitore).

E' tutto un falso problema. Non è un problema che se ne vada: lo fa a missione compiuta. Non è un problema che se ne vada/2: mai tenere nessuno controvoglia o contro-motivazioni (vedi il buon Ibra, che voleva vincere la Champions) (sospiro). Non è un problema chi arriva. O meglio, certo che lo è: ma siccome non ce n'è un altro come il Mou, è inutile star qui a fare paragoni o congetture. Possiamo al limite sperare che sia operata una scelta giusta e degna di una squadra che sta guardando il mondo dall'alto. E io dico che ci dobbiamo fidare: siamo quelli del Triplete e questa società ha cambiato passo da un pezzo, anche prima di questo meraviglioso mese di maggio. Nulla è successo a caso, e mi piace pensare che continueremo su questa linea. Infatti sentite che silenzio che c'è.

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LA STORIA RICOMINCIA

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Non so se vi siete accorti che la Storia è cambiata. Sì, certo, forse un giorno eguaglieranno quello che l'Inter ha fatto nel corso di questo meraviglioso e pazzesco mese di maggio. Prego, accomodatevi: provateci. Lo sport è questo: provarci, mettercela tutta e - ogni tanto - farcela. Avanti il prossimo.  L'Inter ieri sera c'è riuscita per prima e possiamo dirlo con orgoglio. L'orgoglio con cui un giorno ne racconteremo, tutto lo stesso dannato orgoglio che ci abbiamo messo in questi decenni, anche quando le cose andavano male, aspettando giorni migliori che alla fine sono arrivati.

Ecco, appunto: abbiamo aspettato. Abbiamo aspettato tanto. E per questo possiamo dire che tutto questo non solo è meritato, ma è anche degno di quel mondo di passioni, attese e sentimenti che ci abbiamo messo tutti, uno per uno, da quel giorno in cui abbiamo deciso (o hanno deciso per noi, fortunelli) che quelli sarebbero stati i nostri colori. E' capitata una cosa che non era capitata mai, ed è capitata a noi: è come se la Banca mondiale del Risarcimento morale avesse deciso che il 22 maggio era il caso di sistemare un po' di cosette e deliberare la nostra piccola apoteosi.

Ieri sera,  in pieno stordimento, a un certo punto mi sono chiesto dove fossi seduto. Non era quello il mio "vero" posto al Bernabeu, non era il posto del mio biglietto: poi la voglio raccontare bene 'sta cosa. Comunque guardo il seggiolino, conto la fila, e nello stesso istante il Gratta mi guarda e dice: "Ora devi cambiare nome". E sì, era proprio quello il punto. Avevo un nuovo seggiolino da celebrare, un seggiolino catartico, che ha fatto piazza pulita di tutto il resto, il padre di tutti i seggiolini. Perché la Storia era cambiata mentre ero lì, settore 425 del Bernabeu, così come era iniziata mentre ero là, settore 4c Montemario. Allora ho scritto un messaggio a Thadave, l'ho lasciato sul display, l'ho fatto leggere al Gratta, ci siamo abbracciati e l'ho mandato.

Ecco: non so se vi siete accorti che la Storia è cambiata. Ora tutti avremo qualcosa da dire sul nostro 22 maggio 2010: dove eravamo, con chi, a fare cosa. Avanti il prossimo, prego, tocca a voi: sinceramente - anche gobbi, cuginastri, kleenex-boy - vi auguro un maggio così, un 22 maggio così, perché è stato tutto bellissimo. Noi adesso possiamo continuare la nostra Storia, in un certo senso ricominciandola. Chissà quando ci ricapiterà una cosa così. Un anno, dieci, cento, mille, boh? Intanto ci è capitata, anche perché abbiamo saputo aspettarla. E adesso avanti, con la stessa passione, la stessa pazienza. Si ricomincia. Riposiamoci, godiamocela e sistemiamo le nostre cosucce. Come questo template, per esempio. Work in progress, come la nostra Seconda Storia. Spedite anche voi i vostri messaggi dal vostro Bernabeu personale: è iniziata un'altra cosa - non so cosa -, stamattina ci siamo svegliati diversi.

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QUESTIONE DI FEELING

 

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Forse Mourinho l'Italia non se la immaginava proprio così. Così complicata, dico. Così incarognita, stracciamaroni, disonesta. L'Italia del calcio, che poi è lo specchio dell'Italia generale. Forse da fuori ci vedono un po' diversi: pizza, mandolino, mafia, fantasia, passione, i soliti clichè. E invece siamo altro. Facciamo i simpatici e appena giri l'angolo tiè. Per non dire di quando entriamo da dietro alla Totti e facciamo i falli da frustrazione tipici della gente frustrata, o entriamo in tackle scivolando sulla bava che ci è appena caduta dalla bocca.

Mourinho ha fatto il Mourinho anche qui da noi. Il problema - suo, e anche nostro - è che dichiarazione dopo dichiarazione si è accorto che gli era cambiato il panorama attorno, che la gente sorrideva sempre meno, che i suoi petardi diventavano bombe atomiche e che a un certo punto non poteva più recedere dalla sua personalissima sfida contro un modo di pensare che non è il suo e che, accidenti, sarebbe bello non fosse nemmeno il nostro.

Io mi ero portato avanti. Mi ero rassegnato al suo addio già durante lo scorso autunno, quando lui girava con il broncio e i capelli incolti. E nell'header del blog non ho mai rimpiazzato la frase che secondo me più di tutte - e ne ha dette migliaia - lo rappresenta: "Voi italiani non amate il calcio". Ha ragione, e il punto è proprio questo. Non amiamo il calcio, ma il suo contorno. Perdiamo troppo poco tempo a bearci dei gesti e delle prestazioni, perché non vediamo l'ora di tuffarci nelle dietrologie e nelle discussioni da bar, fieri di spararla ogni volta più grossa, attenti a dimostrare le nostre peggiori inclinazioni, scientifici nel prostituirci intellettualmente. L'Italia non ama il calcio, Mourihno ama il calcio, Mourinho non ama l'Italia. Non so se sia socratico, ma il sillogismo è questo.

Mourinho se ne va perché è l'unico modo di poter dire: vaffanculo, ho vinto io. Se ne va all'apice per non doversene andare in fase discendente. Se ne va perché ha compiuto un'impresa alla quale - andandosene lui, appunto - sarà impossibile replicare. Se ne va dando una lezione al popolo che vive di calcio e non lo ama. Se ne va essendo arrivato e avendo vinto (quasi) tutto.

Lo scorso anno ha vinto nel modo più semplice, prendendosi l'onda di Mancini e affidandosi all'annata-monstre di Ibra. Quest'anno no, quest'anno ha vinto davvero. Un campionato terribile, contro tutto e contro tutti, senza aiutini, senza corsie preferenziali. Anzi, dovendo soffrire di quelle altrui, dovendo parare colpi su colpi, parlare e stare zitto. E poi una Coppa Italia che intralciava ma andava giocata e magari anche sudata, con quell'epilogo fortemente simbolico a Roma, nella serata che forse gli è piaciuta di meno perchè proprio lì, tra un calcione e l'altro, tra una puncicata e un negro di merda, si è visto quanto l'Italia ama il calcio, e come, e perchè.

Poi ha riportato l'Inter in finale di Coppa dei Campioni 38 anni dopo, rivoltandola come un guanto sotto il profilo dell'autorevolezza e dei controcoglioni, in un percorso che sembrava fatto apposta per inchiappettare lui e noi: il gironcino più difficile, il Chelsea agli ottavi, il Barça in semifinale (affrontato quattro volte in sei mesi). Se ne va avendo fatto tutto questo e non potendo fare di più. Tranne una cosuccia, ovvio.

Sabato sarà la sua ultima partita e spero che tutti - lui, la società, la squadra -, anche al termine manifesto di un percorso così esaltante e passionale, colgano ancora la differenza che c'è tra il vincerla e il non vincerla. Mourinho se ne andrà comunque da trionfatore (sostanziale e morale, moralissimo). Ma l'epilogo di questa stagione deve essere come gli altri capitoli. Annunciando che se ne sarebbe andato con largo anticipo, Mancini gettò la squadra nello psicodramma per due mesi. Annunciando al mondo che non vede l'ora di lasciare questo Paese del menga, Mourinho deve solo trovare il modo di tenere alta per un paio d'ore ancora la tensione. Dopodichè, vada come vada (sarà una partita di calcio internazionale, non italiana), lo saluteremo come uno dei più grandi mai visti da queste parti. Mi fido di lui e mi fido di loro, lo squadrone che ci ha fatto vivere la primavera più incredibile che potessimo immaginarci. E quindi faccio clic su invio, nella pagina del bonifico ordinario.

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INDIMENTICABILI !!!

 

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Beh, che dire? Cerchiamo di ricordarcelo bene, questo scudetto. Già tra un anno potrebbe essere una semplice riga lungo un albo d'oro, e per noi una semplice tacca della nostra gloriosa storia. Mentre sarebbe bene tramandarlo - almeno tra noi, che possiamo capire - come uno scudetto inimmaginaible perchè accidentato, sudato, complicato. Soprattutto, uno scudetto conquistato contro tutto e tutti. No, non è una tautologia. Non è solo il risultato logico di un torneo all'italiana, dove partecipano in venti ma vince uno solo. No, è stato uno scudetto che all'Inter è stato conteso in tutti i modi, e non solo - anzi, forse solo per una minima parte - dalle diciannove avversarie convenzionali. Chissà, l'anno prossimo potrebbe essere pure peggio. Ma intanto potremmo accontentarci di fissare questa misura al termine di una stagione in cui l'asticella è stata alzata di tanto così. Del resto tutte quelle lacrime versate a Siena - dall'apparentemente incorruttibile Mourinho in giù - sono state la prova di quanto sia stata difficile questa annata e di quanta pressione avversa ci fosse. Ci dispiace per gli altri, diciamo così. Il loro problema è che quest'Inter è fantastica, nel suo complesso e nei suoi singoli. Uno squadrone clamoroso che - come questo scudetto - sarebbe bene fissassimo nella memoria. Così come i volti di Moratti e di Mourinho, i solo sorrisi e i loro pianti, i loro compleanni e i loro traguardi. Fissiamoci tutto nella memoria, perchè così bene sarà difficile stare.

E il privilegio di vivere questa stagione che non finisce mai, insomma, dove vogliamo metterlo?  Lo capite quanto siamo fortunati? A piccoli passi, senza tregua, siamo arrivati al 17 maggio. La Coppa Italia conquistata in casa dell'altra finalista, uno scudetto che vale almeno doppio, e tra cinque giorni la finale di Coppa dei Campioni. A due terzi del cammino, a due titoli già i saccoccia, possiamo dire di non essere stati sognatori a chiedere tutto, a pretendere tutto. E' un'avventura meravigliosa e non è ancora finita. Grazie Campioni, ma non fermiamoci qua. C'è ancora un impegno da onorare. Questa cosa di pretendere, sognare, sbilanciarsi, fantasticare eccetera eccetera è frutto di una combinaziona rara. Noi ci siamo ancora in mezzo. E io sono ancora disposto ad ammazzarmi di birre a El Bocho, guardando ad libitum il rullo di Sky Sport 24, come rituale in cui svaporare le tensioni. Sono stravolto ma vorrei che non finisse mai. Ciondolo ma voglio arrivare al finish. Campioni, vamos a Madrid, e vada come vada. Una primavera così chissà quando ci ricapita.

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imprinting interista

1 (5)interistada interistiorg.org il consiglio di lettore McWater:
"Per un corretto imprinting del figlio io ho fatto così ed ha funzionato: giochiamo a pallone in salotto mentre mamma prepara cena. Io portiere e lui rigorista. A scelta può decidere di essere Borriello o Milito. Quando sceglie Borriello io paro sempre il suo tiro, anche a costo da sbattere il cranio sul parquet o di lussarmi l'anca. Quando sceglie di essere Milito mi faccio passare anche il tiro più loffio. Data l'innata tendenza dei bambini a non saper perdere, non ha esitato ad eleggere l'Inter come sua squadra e Milito suo calciatore preferito."

semplice ma efficace !

IPOCRITI e FAZIOSI !

 

FACCIAMO UN IPOTESI

ULTIMA giornata di campionato c’è juve-milan , con la juve ormai salva e con il milan in lotta con l’INTER per lo scudetto, una vittoria del milan (molto improbabile) vorrebbe dire scudetto ai danni dell’INTER …

DOMANDA: PER CHI FAREBBERO IL TIFO GLI JUVENTINI compreso quel “personaggino” di nome mughini ?

LA VERITA’ è che i tifosi laziali non hanno fatto il tifo per l’INTER ma contro la roma, cosa che hanno fatto anche nel 2002. L’unica differenza è che quell’anno l’INTER ha perso e questo ha reso felici tutti quelli che oggi gridano allo scandalo !

PROBABILMENTE chi critica il comportamento dei TIFOSI in Lazio-INTER preferisce vedere sugli spalti altri spettacoli  per esempio quello di Lazio – roma

TUTTOINTER.org


Blog di opinioni sull'INTER di TuttoInter.com

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il presente il nostro ORGOGLIO, la serie A è nel nostro DNA ...