Gasperini …

Gasperini: accusato da Moratti, assolto dal popolo

articolo di Gianluca Valotti

Il presidente nerazzurro Moratti, afferma “Tutta colpa di Gasperini” sostenendo che questa stagione in bianco e nero; colori per giunta per niente affini all'Inter, sia stata causata unicamente dal tecnico ex Genoa, spedito via come un bagaglio dopo appena cinque partite.
Si tratta dell'ennesima scusante per mascherare un'annata da urlo, problematiche che non sono state risolte, di cui si parla da mesi e continuiamo a parlarne, chi più chi meno.
Ma le cose non si possono risolvere solamente parlando, discutendo, accusando, ancor più se è il proprietario del club a far ciò, il primo che dovrebbe agire, pensare a soluzioni adeguate per ripartire, mettere nuova benzina nel serbatoio nerazzurro.
Noi che seguiamo il calcio, scriviamo articoli, ci dobbiamo occupare di discussioni, giudicare e altro non possiamo fare.
Come spesso si predica: ognuno faccia il suo mestiere.
Parole predicate da molti, razzolate male da altrettanti; lo stesso discorso vale per Moratti.
Caro presidente faccia il suo mestiere; dica quello che pensa, nessuno glielo vieta, ma pensi pure a delle strategie utili per migliorare, agire.
Gasperini non è esente da colpe, come del resto non lo è nessuno quando una squadra va male, ognuno dev'essere responsabile, pronto ad ammettere di aver sbagliato, perché in una rosa ci sono tante persone, non solo una persona e pare impossibile che ogni danno sia stato causato da egli, anche perché l'ha scelto Moratti, quindi se sostiene che l'allenatore abbia sbagliato tutto, pure il caro Massimo è obbligato a metterci la faccia, stare sulla stessa barca.
Gasperini, accusato da Moratti, assolto dal popolo.
E' quello che emerge, dando un'occhiata ai sondaggi presenti su siti, alle opinioni e risulta che anche il tifoso più morattiano di questo mondo sostenga che, il vero colpevole sia Moratti, o comunque senza accusare il patron, assolve Gasperini.

Firmato da Gianluca Valotti

Una favola ad occhi aperti …

 

Questo è il resoconto della trasferta in casa Inter di giovedì 22 marzo, dove la società San Frediano Calcio è stata ospite dell'Inter.

www.sfredianocalcio.altervista.org

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Largo a Stramaccioni

 

Inter che ancora una volta fa notizia, per l'ennesima volta.
Ma a fare notizia, non è tanto, o meglio non troppo la sconfitta con la Juventus, che per quanto deludente per i punti persi, perché da sempre sono i grandi e odiati rivali; diciamo la verità, in molti ce l'aspettavamo.
Del resto anche se si è appassionati, tifosi di questa squadra, ci sono stati parecchi indizi e si sa che portano a una soluzione.
Per cui era impensabile un risultato differente, contro una Juve in splendida forma, in corsa per due trofei.
La società nerazzura fa parlare di se, per una scelta pensata da tempo dalla dirigenza, soprattutto il presidente Moratti e sembrava convinto a fare ciò che ha a lungo pensato durante il match con l'Atalanta, quel “Vaffa” sugli spalti, lo sguardo teso e lo stadio abbandonato dopo un primo tempo deludente.
Parlando di indizi, soluzioni, Moratti ha deciso che la soluzione era, come del resto ha fatto spesso nella sua lunga carriera, cambiare allenatore.
Via Ranieri, a sua volta subentrato al collega Gasperini, arrivo di Stramaccioni.
Il neo tecnico, ha così l'occasione della vita, essendo stato fino ad ora importante, perfino importantissimo per la primavera interista, ed ora dopo aver alzato al cielo la Champions giovanile, arriva il salto che, valuteremo poi se si sarà trattato di salto nel buio oppure verso il paradiso.
L'unica cosa certa di tutta questa faccenda è l'insicurezza della dirigenza, di Moratti che non sa a chi affidarsi: prima “Attratto” da Gasperini, poi cacciato per Ranieri, che sembrò in grado di fare il miracolo; quelle sette vittorie consecutive fecero pensare, gridare alla rinascita, ma è stato un fuoco di paglia in un'annata come da tempo non toccava ai sostenitori nerazzurri.
Le domande da porsi, a cui troveremo col tempo le dovute risposte, sono:
Stramaccioni è la giusta soluzione?
Siamo sicuri si tratti della medicina in grado di guarire il team?
O è meglio ancor prima di concentrarsi sugli allenatori, pensare a un progetto valido per tornare forti, competitivi dalla prossima stagione, con giocatori d'alto livello, nuovi acquisti di valore?
C'è tanto, forse tutto per essere pessimisti, ma si sa, la speranza è l'ultima a morire.
Chi è nato nerazzuro, vivrà e morirà nel bene e nel male, coi medesimi colori, sostenendo, sperando di rivivere momenti felici.

 

Firmato :
Gianluca Valotti

RESPIRIAMO L' ARIA E' LA PRIMAVERAAAAA

[PRIMAVERA]

la primavera 2011/12 di andrea stramaccioni

 

NextGen Series: eroi e campioni d'Europa

A Milano ci sono DUE squadre.. Inter e InterPrimavera..
TUTTO IL RESTO E' INUTILE ! (copyright di PEPPINO PRISCO !)

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fonte : INTER.IT -  Domenica, 25 Marzo 2012 17:30
LONDRA -
È Primavera d'Europa: l'Inter conquista la prima edizione della Next Generation Series, il nuovo torneo europeo riservato ai giovani, 5-4 dopo i calci di rigore. Lo fa prima di tutto grazie al cuore, un cuore grandissimo, che la vede lottare per 120 minuti, addirittura in inferiorità numerica dal 70', e arrivare a opporsi a tutto. Altro che piccola Inter, questa è una grande Inter e il futuro le sorride.

A Londra è appuntamento con la storia e il presidente nerazzurro Massimo Moratti se lo gode da vicino: la prima Champions Under 19, un traguardo straordinario e di assoluto prestigio, entra in bacheca. E i ragazzi di Stramaccioni meritano elogi a non finire, per come resistono, non mollano, attaccano. Ottima la loro prova, che sfata anche il tabù dei rigori.

Ma partiamo dall'inizio: allo stadio "Brisbane Road" sventolano le bandiere nerazzurre ad accogliere l'undici scelto da Stramaccioni, lo stesso che mercoledì ha battuto l'Olympique Marsiglia. I nerazzurrini si stringono in cerchio per darsi la carica, su di loro sono posati gli occhi del presidente, in tribuna insieme al figlio Giovanni. Il futuro dell'Inter passa anche da qui.

A incitare la squadra non manca ovviamente l'amministratore delegato Ernesto Paolillo, insieme al responsabile del settore giovanile Roberto Samaden.

Ad opporsi al 4-3-2-1 nerazzurro un 4-3-3 molto dinamico e mobile dell'Ajax, che inizialmente manda un po' in sofferenza la nostra Primavera, che riesce comunque a mentenere equilibrio grazie anche a uno spiccato spirito di sacrificio, pure degli attaccanti. Da subito è lotta a centrocampo, con entrambe le squadre che danno prova di lucidità, ma con il brivido che percorre le schiene nerazzurre poco dopo il quarto d'ora. A salvare l'Inter c'è però Di Gennaro, con una parata che vale un gol (16'): sull'angolo battuto dall'Ajax il portiere nerazzurro blocca un pallone - colpito in rovesciata da Klaassen - che sbatte sul palo prima di venir arpionato dal numero uno. Ed è proprio dopo aver rischiato grosso che l'Inter trova maggiore incisività e riesce a imporsi meglio a centrocampo, trovando densità, per poi tentare il contropiede, con Romanò, Bessa e Longo. Ed ecco che al momento giusto arriva la zampata vincente: è quella di Longo, al 45' del primo tempo, con un sinistro a incrociare su assist straordinario di Bessa, su azione innescata da Pecorini. Implacabile il diagonale dell'attaccante: per lui - che aveva segnato il gol del 2-0 contro il Marsiglia - è il quinto centro nella NextGen.

Il primo tempo si chiude con i nerazzurri in vantaggio, che vengono però acciuffati a inizio ripresa, al 49', da Denswil: punizione impeccabile la sua, da manuale, imprendibile per Di Gennaro. Tutto da rifare ma i ragazzi di Stramaccioni non si lasciano deprimere e continuano a lottare. La situazione, però, si complica ulteriormente a 20 minuti dalla fine della ripresa: al 71' il direttore di gara Collins sceglie per l'espulsione di M'Baye per un intervento su Veltman, decisione quanto meno eccessiva che lascia la Primavera nerazzurra in dieci. Entra in partita Alborno alla mezzora, al posto di Livaja, con Di Gennaro che all'80' però - proprio in uno scontro con quest'ultimo - si fa sfuggire il pallone per poi recuperarlo in due tempi. L'Inter fatica, in dieci uomini non potrebbe essere altrimenti, eppure non molla, nonostante il brivido del 90', con Klaassen che colpisce la parte alta della traversa: si va ai supplementari.

E si riparte da una traversa, quella di Crisetig su punizione, al 2'. Il lavoro di sacrificio dei nerazzurri prosegue, encomiabili da quando in inferiorità numerica. Bessa e Romanò duettano e si conquistano un calcio d'angolo, con Van der Hart che però dice di no all'italo-brasiliano dopo il velo di Longo. L'Inter ha ritrovato aggressività e si vede per come riesce a chiudere i varchi agli avversari, gestire le ripartenze e rendersi pericolosa. Al 18' Denswil sfiora la doppietta personale, su punizione, con Di Gennaro sulla traiettoria: a dire no è però ancora una volta la traversa. Prova a rispondere l'Inter con un missile di Longo, che scheggia pure lui la traversa. Incredibile il cuore dei nerazzurri, insieme al lavoro della difesa, che riesce a far scattare il fuorigioco che vanifica la rete dell'Ajax a quattro minuti dalla fine dei tempi supplementari.

Si va ai rigori e dopo tre tiri - tre gol dell'Inter (Bessa, Duncan, Alborno) e due dell'Ajax - Di Gennaro para su Veltman. Poi è il turno di Longo, che va a segno, e il portiere nerazzurro para anche su De Bondt: è esplosione di gioia ma l'arbitro, incredibilmente, la strozza facendo ripetere. Al secondo tentativo De Bondt la mette dentro ma Crisetig, ultimo a tirare, non sbaglia e porta l'Inter in trionfo.

È il momento di esultare, questa volta davvero: Romanò, il capitano, può alzare al cielo di Londra il meritato trofeo. Grazie ragazzi, eroi e campioni d'Europa.

fonte : INTER.IT

http://www.inter.it/aas/news/reader?N=57220&L=it

profondo rosso …

Senza Champions 30 milioni in meno  (19.03.12)

I tifosi nerazzurri magari ci prenderanno per uccelli del malaugurio, ma arrivati a questo punto, con l’Europa che si allontana e le giornate che scorrono via, una domanda è d’obbligo: cosa succederebbe, economicamente parlando, se l’Inter non si qualificasse per la prossima Champions League? Risposta a bruciapelo: una perdita da 30 milioni. Più o meno. Un calcolo esatto non si può fare perché i ricavi dipendono anche dalle prestazioni sportive. Per dire, nella fantastica annata 2009-10 il titolo di campione d’Europa produsse introiti per circa 68 milioni, tra premi Uefa, botteghino e bonus degli sponsor. E la scorsa stagione, con l’Inter uscita ai quarti, ne arrivarono 46. Ecco perché, individuando in 30 il numero magico, ci siamo tenuti stretti: una specie di minimo garantito ritagliato su misura per il club di Moratti, alla luce del suo bacino d’utenza (e quindi dei potenziali incassi da stadio), dei suoi risultati recenti e del mercato televisivo italiano (fattori che incidono nel market pool, fetta molto consistente dei proventi elargiti da monsieur Platini).

Certo, l’Inter non è abituata a fare questi calcoli, avendo partecipato senza interruzioni alle ultime dieci edizioni della Champions. Considerando pure l’ex Coppa Uefa ora Europa League, Zanetti e soci frequentano gli stadi del Vecchio Continente da ormai dodici anni: risale, infatti, al 1999-2000 l’ultima assenza dalle coppe, figlia di un ottavo posto in campionato. Insomma, i nerazzurri sono soliti sguazzare nel lusso — musichetta, adrenalina, quattrini, tanti quattrini—e lo testimonia la classifica storica dei premi Uefa: tra il 1992-93, prima edizione della Champions, e il 2010-11 l’Inter ha incassato 237 milioni collocandosi al nono posto tra le società più remunerate (Manchester United primo a quota 400). Dividete per le dieci Champions giocate in quel lasso di tempo e avrete una media annuale di 23,7 milioni, cui aggiungere i ricavi al botteghino e i surplus generati sul fronte commerciale.

Una pioggia di denaro, e ciononostante i bilanci dell’Inter versano in profondo rosso: -207 nel 2006-07, -148 nel 2007-08, -154 nel 2008-09, -69 nel 2009-10, -87 nel 2010-11. Immaginate per un attimo, solo per un attimo se il tesoretto Champions venisse a mancare. L’esercizio 2012-13 sarebbe un bagno di sangue, il fatturato al netto delle plusvalenze (che la scorsa stagione è stato di 217 milioni) crollerebbe sotto quota 200 e verrebbe mangiato quasi interamente dagli stipendi (pari a 190 milioni nel 2010-11).Ma c’è di più. Mancare il treno per l’Europa, proprio in questo momento, equivale a un harakiri. Da questa stagione i conti dei club vengono monitorati dall’Uefa nell’ottica del fair play finanziario, le cui sanzioni scatteranno a partire dal 2014-15. L’Inter è già nella lista dei cattivi e per convincere Nyon di aver messo la testa a posto deve dimostrare di poter invertire il trend riducendo i costi (in assenza di moltiplicatori dei ricavi nel breve termine). Se il prossimo anno non ci fossero nemmeno i soldi della Champions, tutto si complicherebbe. E la manciata di milioni risparmiati per i premi qualificazione non versati alla squadra sarebbe soltanto una magra consolazione.

Fonte: La Gazzetta dello Sport

Non coprire il volto, Cuchu ...

"Non coprire il volto, Cuchu: mostralo orgoglioso. Gli interisti ti amano"

Vedere Esteban Cambiasso piangere è triste, molto triste. Sa un po' di sipario che cala su un'era. Un sipario che cala male, dopo uno spettacolo bruttissimo, l'ultimo di una lunga serie, che solo due anni fa faceva impazzire i paganti. Se chiudi gli occhi e pensi all'idea generale di Cambiasso per il tifoso dell'Inter, quindi li riapri d'improvviso, ti chiedi cosa stia succedendo. Esteban è un eroe. L'argentino arrivato da Madrid a parametro zero per costruire l'Inter vincente, l'Inter che ha messo a soqquadro l'Italia e l'Europa, adesso è fischiato e contestato come l'ultimo dei brocchi.

Strano, terribile, brutto. Estremamente triste. Piange, Cambiasso. Perché i fischi sono qualcosa di amaro, ma l'ovazione alla propria sostituzione è qualcosa di umiliante. Non se lo merita, il Cuchu. Uno che per l'Inter ha sputato il sangue, condotto battaglie, arginato mediane tremebonde, si è trasformato in difensore centrale, regista, interditore. Ma prima di tutto, per l'Inter è stato ed è tutt'ora un leader. Il leader è colui il quale non riesce a dire basta. Fermarsi non è semplice, qualcuno lo implora di tirarsi indietro, eppure non comprende che quando ti senti parte di una famiglia, venirne fuori è un qualcosa di estremamente arduo. Esteban non vuole abbandonare la nave. E proprio per questo, sentirsi costretto ad abbandonarla da chi di quella nave è cuore pulsante - ovvero i tifosi - lo ha ammazzato dentro. Qualcosa è morto dentro Cambiasso, ieri sera.

La reazione impulsiva dei tifosi è dettata dal non-raziocinio della situazione. L'Inter è un disastro, i senatori sono improvvisamente i primi nemici. La rabbia offusca la realtà. Il massacro a Cambiasso è servito. Crudo, atroce, impossibile da mascherare. Esteban è uno che sente anche i bambini da bordocampo, l'ha avvertito. Quelle lacrime contengono la reazione di un uomo straordinario contestato da chi lo ama più di quanto egli stesso non creda. Lui, quel Cambiasso di cui andavi fiero sotto l'ombrellone decantando le gesta dell'Inter moderna perché "preso a parametro zero, e guardate che centrocampista strepitoso!", ora è in calo. Genetico, naturale, dunque scontato. Ma così scontato non è mollare la nave in situazioni difficili. Anzi, è da deboli. Eppure essere colpiti dritti al cuore fa sempre male.

Piangeva, Cambiasso. La rassegnazione, l'incredulità, la rabbia. Lacrime che pesano come macigni, che stropicciano le fotografie di un passato dorato ormai consegnato agli annali. La memoria è sparita, la riconoscenza le fa compagnia nei cassetti impolverati. Esteban soffre, eppure capirà presto una cosa. Tutti gli interisti del mondo, quelli veri, anche quelli che ieri lo hanno fischiato, dentro di loro lo hanno amato alla follia e lo amano tutt'ora. Cambiasso è lo spirito dell'Inter. Cambiasso è l'uomo che cantava 'noi vinciamo senza rubare', Cambiasso è quello che a Madrid e in tutte le altre feste dell'Inter vincente portava addosso la maglia numero 3 di Giacinto Facchetti, Cambiasso è l'uomo al quale quando ha preso la fascia di capitano luccicavano gli occhi, Cambiasso è quello che ci mette sempre la faccia nei momenti difficili, Cambiasso è quello che ha alzato Pazzini dopo un rigore sbagliato, oltre che lo straordinario campione apprezzato nel corso degli anni.

Il tempo passa, i ricordi si offuscano, ma le emozioni provate e i sentimenti non si cancellano. Mai. E allora non coprirti il volto, Esteban. Mostralo orgoglioso, anche quando piangi. Come avrebbe fatto Giacinto. Perché chi per l'Inter dà l'anima e versa lacrime, merita sempre e solo rispetto, mai fischi. Cambiasso il rispetto l'ha guadagnato, l'amore lo ha saputo infliggere nei cuori nerazzurri. Perché piangere in situazioni simili non è da piccoli, ma da uomini veri, che sentono il peso di quella maglia che portano addosso. Per cui forza, a testa alta, Cuchu. Lo ripeto: come avrebbe fatto Giacinto. Sempre.


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